Il frutto inatteso della missione

Marco e Natasha stavano tranquillamente camminando lungo le calli di Venezia, più di un anno fa. Venezia è la città degli innamorati, capace di unire isole rendendole un’unica grande città. Venezia è la città dell’arte, della bellezza, dove Creazione di Dio e creazione dell’uomo si fondono in una meraviglia che continua ad attirare milioni di turisti da ogni parte del mondo.

Marco è veneto, ma Natasha viene dal Sudan, terra difficile e insanguinata.Forse i suoi occhi africani vengono maggiormente colpiti da ciò che Venezia è, nel suo unico splendore. Ma la città lagunare, specie durante le sere di autunno e inverno, quando la nebbia attenua i contorni delle cose, suscita anche una vaga malinconia nei cuori, tra strette calli e umidi canali.

Forse la mestizia nascosta in mezzo a tanta bellezza è ciò che coinvolge maggiormente Marco e Natasha: da Londra erano scesi a Venezia per regalarsi un po’ di quiete davanti alla delusione di un desiderio non realizzato, quello di diventare genitori.

Quella sera di tanti mesi fa, ai piedi di Rialto, incontrano una coppia di missionari facenti parte del gruppo di coloro che hanno scelto di continuare l’esperienza della missione di strada nata nell’ormai lontano 2009.

Li accompagnano in chiesa. Lì, Marco e Natasha decidono di lasciarsi incontrare dalla tenerezza di Dio che asciuga ogni lacrima e rinforza ogni debolezza.

Durante “La Luce nella Notte” pregano assieme ai missionari, scrivono la loro preghiera su di un fogliettino di carta e lo lasciano ai piedi di Gesù Eucaristia, prendendo poi un altro biglietto, su cui trovano un breve brano del profeta Isaia. Poco dopo escono dalla chiesa, lasciando che la candela accesa ai piedi di Gesù continui ad ardere. Sulle preghiere raccolte scenderà la preghiera di molti, confidando che Dio conosce ogni necessità nascosta nel cuore dei suoi figli.

Marco e Natasha, su quel foglietto bianco, scrivono a Dio il loro desiderio.

Di lì a poco, Natasha rimane incinta. Nasce un maschietto, a cui viene imposto il nome di Isaia, dal nome del profeta i cui scritti avevano rinvigorito fede e speranza dei due giovani.

La fede non è questione di certezze, ma di amore confidente. Essi interiormente sanno che la creatura che tengono tra le braccia ha iniziato a farsi spazio nella loro famiglia quella sera ai piedi dell’Eucaristia, ancor prima che nell’utero di sua madre.

A distanza di qualche tempo, contattano don Antonio Biancotto, il parroco veneziano che da subito ha aderito allo spirito dell’evangelizzazione di strada, lievito in tutto il Patriarcato.

Così, il 14 aprile, a San Giovanni Elemosinario, la stessa chiesa in cui quella sera salì una preghiera al cielo, è scesa la potenza di Dio nel battesimo del piccolo Isaia, a sigillare per sempre l’amore di Dio per le sue creature.

Dio ci sorprende sempre: pensavamo che evangelizzare portasse a vedere rinascere la vita. E invece, oggi contempliamo non la rinascita, ma la nascita stessa.

Del resto, evangelizzare è amare. E quando si ama, la vita sempre nasce.