Cristiani e Cittadini

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L’imminente discussione presso il Senato della Repubblica, del progetto di legge sulle unioni civili che include implicitamente un giudizio su temi eticamente sensibili, mi offre l’occasione per riflettere brevemente su una questione che ritengo di somma importanza, sia dal punto di vista politico che sociologico. Può un parlamentare cristiano sostenere con il proprio voto ideologie e leggi chiaramente antitetiche al messaggio evangelico ? Possono i cristiani italiani (ma anche i musulmani e quanti si rifanno ad un’etica naturale) “appecoronarsi” passivamente (mi si perdoni il termine poco corretto !) davanti a certe scelte ? la risposta è scontata : No !

Non intendo entrare qui nel merito specifico della questione su cui si dibatterà e su cui è facile trovare ampia eco nei mass media ma riflettere su un tema ancora più a monte: in uno stato democratico è lecito che i cristiani facciano sentire politicamente la propria voce? Può un cristiano dare il proprio consenso elettorale a movimenti politici le cui idee e le cui scelte siano in antitesi con la propria fede?

Ho l’impressione che da ormai troppo tempo i cristiani italiani vivano culturalmente, e per conseguenza politicamente, una sorta di pregiudizio di minorità, quasi che l’essere cristiano sia sinonimo di arretratezza intellettuale e di oscurantismo. Per difendere il sano principio della laicità, si è dato, per reazione, l’ostracismo ad ogni principio etico di matrice evangelica, facendo apparire maggioritarie forze culturali che hanno l’innegabile merito di gridare più forte e di usare con più furbizia i mezzi di comunicazione così da sopraffare una massa ben più rilevante di persone che si autocondannano all’irrilevanza.

Una corretta coscienza democratica e una acquisita educazione civica, esigono, a mio giudizio, una più decisa coscentizzazione del dovere dei cristiani di proporre e difendere anche in ambito politico i nostri valori e di esigere coerenza da chi ci rappresenta.

Il 24 novembre del 2002, a firma del card. Ratzinger, la Congregazione della dottrina della Fede, pubblicò una “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” in cui con grande chiarezza di pensiero si espone con efficacia quale debba essere l’atteggiamento dei cattolici verso la politica. Si tratta di un testo quanto mai attuale, (forse dimenticato !) di cui mi permetto di consigliare la lettura (Cfr; http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20021124_politica_it.html )
La fine del partito unico dei cattolici italiani, che nel corso della sua lunga storia ha capitalizzato grandi meriti e altrettanti demeriti, ha provocato inizialmente una frammentazione delle forze politiche di matrice cristiana e, in seguito, lo scomparire delle stesse in altri schieramenti di incerta identità culturale nati dall’implosione dei partiti tradizionali della cosiddetta “Prima Repubblica”. La pregiudiziale minorità culturale di cui ho detto sopra, ha provocato la situazione attuale dove le “idee” cristiane sono politicamente silenti.

Non auspico certamente un anacronistico ritorno ad un “partito unico dei cattolici”, ma ritengo assolutamente necessario, al di là degli schieramenti di bandiera, l’impegno coerente di tutti i deputati di matrice cristiana nel promuovere democraticamente leggi ispirate ai principi della fede e a difendere valori evangelici quali la vita, la famiglia, la dignità umana…

E’ immorale e degno di ogni biasimo il comportamento di tanti mestieranti della politica che, per dirla con Pasquino, “per mantener la sede” perdettero “la Fede”… o peggio di quanti, per affascinare l’elettorato, strombazzano fedeltà ad alcuni valori cattolici e, allo stesso tempo, ne calpestano altri…e di gente di questa risma (purtroppo !) ne conosciamo tanta!

A distanza di decenni, mi emoziona il ricordo della testimonianza del Re Baldovino del Belgio, che, coerente con la propria fede cattolica, si dimise per un giorno dalla sua carica, per non firmare la legge, approvata dal parlamento, che permetteva l’aborto.

Nella attuale situazione mi sembra doveroso che il laicato cristiano riscopra il proprio dovere all’impegno politico; meglio ancora la necessità a cooperare fattivamente ad una riforma radicale dell’attuale “sistema” che, purtroppo è inficiato da corruzione, clientelismo, scarsa deontologia. Sarebbe davvero un grave errore tirarsi fuori e privare il nostro tempo dall’apporto positivo che in forza della nostra fede possiamo dare a questa società plurale con la testimonianza della vita buona del Vangelo. L’impegno politico in ottica cristiana infatti non deve assolutamente essere finalizzato ad acquisire un potere ma piuttosto ad esercitare un servizio.

Naturalmente il compito di fare politica, è prerogativa esclusiva dei fedeli laici, che in questo ambito esercitano in pienezza la dimensione “regale” del proprio sacerdozio battesimale. Nel pieno rispetto di questo principio va perciò evitato ogni clericalismo e soprattutto ogni parvenza di soggezione psicologica ai poteri clericali. In altre parole, l’impegno politico dei cristiani deve essere vissuto nella logica evangelica, sanamente laica, del “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, nella convinzione piena che, come ebbe ad affermare il Beato Paolo VI, “la politica è la forma più alta di carità”… e, si sa: “ la Carità (…) non cerca il proprio interesse (…) non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità” (cfr I Cor 13,5-6).

Allora ? Allora è necessario prendere coscienza della nostra responsabilità civile, imporci e richiedere una coerenza di pensiero e di azione…non vergognarci di essere cristiani sporcandoci le mani e mettendoci la faccia nell’edificare una civiltà degna dell’aggettivo “umana” …radicata sul diritto degli uomini ma ancor prima sulla verità che viene da Dio.