In silenzio davanti al terremoto: l’inutilità dei nostri perché

terremoto-amatrice-bisNelle orecchie ancora il sordo rimbombo delle scosse viscere della terra. Negli occhi il buio e le tenebre cariche di terrore. Nella bocca il crepitio nauseante della sabbia. Nel naso l’odore aspro del sangue. Nel cuore una domanda: “Perché?

Ancor più sotterraneo, ai margini dell’anima, un grido che si fa bestemmia: “Dio, dove sei? Padre… padre smemorato e distratto, se non menefreghista, se non addirittura spietato aguzzino”.

I tentativi di sistemare questioni così impossibili arrovellano le menti degli improvvisati filosofi, dei teologi mestieranti, affannati a dare letture pseudo sapienziali circa i cosiddetti “segni dei tempi” di conciliare memoria. Ed è così che i social si riempiono di link ad articoli e sentenze degne dell’horror, offese prima di tutto all’intelligenza umana e solo in secondo luogo al dato teologico e biblico.

Stupisce, ma forse non più di tanto, leggere quanta paccottiglia di banalità diventa oggetto di discussione, aumentando così il disagio: si può discutere e perdere tempo a commentare il nulla o il deviato?

Ho letto di una terra che si ribella per il peccato degli uomini, addirittura a causa l’approvazione della leggi sulle unioni civili; ho letto di vendetta da parte del Cielo o di desiderio divino di correggere i figli ribelli, riportandoli alla miseria del nulla, così che possano tornare a rivolgersi a Dio, loro che hanno abbandonato le sane tradizioni e le pie pratiche religiose…

Ignoranza biblica e teologica ai massimi livelli e malcelata volontà di confondere, disorientare e generare ulteriore malessere e sofferenza che rivelano mancanza di responsabilità davvero gravi!

Anche ai tempi di Gesù ci fu una tragedia: crollò la torre a Siloe e travolse diciotto persone che sotto di essa avevano trovato riparo. Gesù coglie l’episodio e lo commenta con un: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13).

Da versetti come questi, letti ideologicamente, escono le peggiori eresie. Il vangelo di Luca è scritto ai margini della caduta di Gerusalemme e alla luce di tale episodio vanno lette molte delle sue pagine. L’invito di Gesù è distante anni luce dal preavvisare i suoi uditori circa l’eventualità altamente probabile di una morte tragica a motivo della propria condotta di vita!Il preavviso è relativo non tanto alla tragicità, quanto al non senso. Riformulando le parole di Gesù: “Se non vi convertirete, cioè se non ripartirete da una visione del mondo e della vostra vita che pone Dio, l’Amore vero, al centro, ogni morte, specie quella improvvisa e tragica, non potrà avere senso”.

Comprendo la difficoltà dei momenti attraversati da tanti nostri fratelli: confrontarsi con l’impotenza è scalata ardua, e lo sa bene chi si è confrontato con malattie incurabili o situazioni simili. Comprendo anche le bestemmie rivolte al Cielo: la Bibbia è piena di imprecazioni degli uomini verso Dio. Anch’esse fanno parte del percorso di fede di un popolo. D’altronde il momento del più alto non senso, della più grande ingiustizia vede l’Innocente ammazzato come il peggiore dei criminali.

Lì, di fronte alla croce, la risposta di Dio è il silenzio. Così come silenzio e lacrime rivestivano l’anima di Maria, impotente nell’attesa della morte del Figlio. Così come silenzio e lacrime hanno solcato l’anima del Figlio di Dio davanti alla morte dell’amico Lazzaro. Così come silenzio e lacrime hanno sconquassato il cuore dei sopravvissuti alle scosse di questi giorni. È reale il rischio di sopravvivere ad una scossa, ma ancor più il soccombere davanti alla devastante magnitudo di certe domande…

A chi ancora non si dà pace, a chi ancora bestemmia, a chi ancora grida al Cielo, non voglio dire nulla, perché solo il silenzio della presenza, l’accogliente abbraccio di una spalla su cui piangere, sono ad immagine dell’Amore del Dio crocifisso. Tutto il resto, chiacchiere utili a riempire il vuoto del cuore di chi non sa vivere lo Stabat Mater. Non è questo il momento delle risposte, delle volontaristiche rielaborazioni del lutto. È questo il tempo della presenza, silenziosa, ma fedele e discreta.

Forse questa presenza può risvegliare nel cuore la percezione del delicato soffio della presenza di Dio.

Ricordo le parole pronunciate da Benedetto XVI ad Auschwitz, che, pur se fuori contesto, risuonano oggi profondamente efficaci:

 

“Dobbiamo rimanere con l’umile ma insistente grido verso Dio: Svegliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell’egoismo, della paura degli uomini, dell’indifferenza e dell’opportunismo.”

 

Ma forse, ancor più utile, può essere il rileggere le parole del salmo 138:

 

Se salgo in cielo, là tu sei,

se scendo negli inferi, eccoti.

Se prendo le ali dell’aurora

per abitare all’estremità del mare,

anche là mi guida la tua mano

e mi afferra la tua destra.

Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra

e intorno a me sia la notte»;

nemmeno le tenebre per te sono oscure,

e la notte è chiara come il giorno;

per te le tenebre sono come luce.

 

Dio non dà risposte. È la risposta.

Dio non spiega, ma riempie di significato lo spesso incomprensibile dipanarsi delle vicende umane.

Dio offre il senso, inteso non tanto come spiegazione, quanto come direzione di vita e scelta di fondo della propria esistenza.

Tolto anche questo, allora è davvero il nulla!