Il diritto di avere diritti

Vi raccontiamo l'esperienza di Libera nel campo profughi nei pressi di Mostar in Bosnia Erzegovina:

Oggi torno a casa, nella mia comunità, con una parola che frulla nella mente: DIGNITÀ, un forte richiamo nato da un esperienza che sa di incredibile.

Medjugorie, o meglio Zvirovići, sono le 9.00 del mattino e carichiamo le macchine con gli aiuti umanitari; direzione: campo profughi nei pressi di Mostar.

Il diritto di avere diritti - Missione in Bosnia Erzegovina - Nuovi Orizzonti

Prima di arrivare facciamo una sosta da “nonna Uma”, una cara vecchietta che prima viveva in quel campo, ma che, per via delle condizioni di salute, ora è ospite a casa del nipote, unico parente rimastole. Anche qui la situazione è precaria, si lavora “alla giornata” trovando quel che basta di giorno in giorno.

È tanto contenta di vederci, di avere qualcuno che l’ascolti. Mi guarda dritta negli occhi, continua a ripetermi parole dolci e, proprio come una nonna, mi riempie di baci sulle guance. Purtroppo dobbiamo andar via, il viaggio è appena cominciato. Salutiamo nonna Uma che ci assicura le sue preghiere.

Arriviamo al campo e ad uscire per prime sono le donne che subito si accomodano sulla scalinata d’ingresso; alcuni ragazzi ed un uomo si occupano di ritirare gli aiuti che consegnamo loro. Ci avviciniamo alle donne e goffamente proviamo a salutarle con le poche parole imparate ultimamente. Per sciogliere un po’ il ghiaccio e far sorridere una bambina di 4 anni di nome Una, che vive qui, don Roberto inizia il suo spettacolo di magia.

Lo stupore, la meraviglia, le risa che esprimono con i loro occhi e con tutto il corpo è travolgente. Non avevano mai visto qualcosa di simile.

Entusiaste e contente di questa novità ci invitano ad entrare e ci offrono quel che hanno: caffè e biscotti. 

Entriamo e ci ritroviamo tutti intorno ad un tavolino. Mi soffermo a guardarmi intorno; ciò che vedo è familiarità: un gruppo di persone che condividono e chiacchierano un po’ di tutto come se si conoscessero già da tempo, come dei vicini che si ritrovano sul pianerottolo di casa.

Mi rendo conto che forse non è solo una mia sensazione perché la mamma di Una ci dice: 

“Quando arrivate per noi è festa, qui non viene a trovarci nessuno”.

Questa volta sono io a stupirmi. La sua affermazione risuona dentro me; inizio a chiedermi incredula “ma com’è possibile? Davvero si può venire dimenticati o ignorati e vivere senza nessuno che ti riconosca, che riconosca la tua esistenza, i tuoi diritti?”.

Papa Francesco durante la II GIORNATA MONDIALE DEI POVERI afferma:

«La condizione di povertà non si esaurisce in una parola, ma diventa un grido che attraversa i cieli e raggiunge Dio. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? In una Giornata come questa, siamo chiamati a un serio esame di coscienza per capire se siamo davvero capaci di ascoltare i poveri.»

Un grido che si respira in questo campo, in queste piccole stanze e nel come sono state arredate, che par dire: noi siamo persone vive, presenti, che con posatezza e dignità dichiara “anche se in molti ci hanno dimenticati noi esistiamo, abbiamo un valore e conduciamo la nostra vita con tutte le possibilità che abbiamo, seppur poche.” 

Eppure non avverto rabbia, non guardano a quel che non hanno, ma hanno tanta gratitudine per ciò che di inaspettato ricevono.

«Tuttavia, per superare l’opprimente condizione di povertà, è necessario che essi percepiscano la presenza dei fratelli e delle sorelle che si preoccupano di loro e che, aprendo la porta del cuore e della vita, li fanno sentire amici e famigliari.» (Papa Francesco, II GIORNATA MONDIALE DEI POVERI).

Questa mattina credevo di essere io quella che si metteva in moto per andare incontro all’altro, invece sono loro che, in punta di piedi, sono entrati in me aprendomi la porta della loro casa, della loro vita.

Libera Nappi