Missione a Riccione: l’imprevedibilità di Dio

00137scalataUna missione di evangelizzazione come quella vissuta a Riccione dal 16 al 23 agosto è quanto di più imprevedibile uno possa sperimentare. A freddo, dopo qualche giorno, riesci ad accorgerti di quanto Qualcuno abbia operato attraverso di te e attorno a te. Certamente il lavoro organizzativo è immane (si parla di quasi un anno di lavoro preparatorio), ma poi ti rendi conto che per quanto tu possa organizzare e prevedere ogni minimo dettaglio, chi ti spinge ad incontrare questa o quest’altra storia di vita, non sei tu.
Un gruppo meraviglioso di 100 giovani da tutta Italia, animati dal desiderio di coinvolgere altre vite nel meraviglioso percorso di amicizia con un Dio che non resta impassibile davanti alle fatiche della vita, che non resta nell’empireo celeste a dormire, ma che si appassiona alla vita di ogni giovane che ha accetato l’invito di impiegare parte delle nottate vacanziere per inginocchiarsi davanti a Gesù Eucarestia e lasciare a Lui pesi, sogni, desideri, delusioni, speranze.
Come chi aveva perso ogni speranza in Dio e nella Chiesa a causa di brutte esperienze vissute, come chi si trovava ramingo a cercare qualcosa di non ben definito che potesse dare un po’ di sollievo davanti alle batoste della vita, come chi non aveva mai percepito nel cuore di essere ascoltato e accolto gratuitamente, semplicemente amato e nulla più.
Tuttavia, come molte volte ripetiamo, la missione ha colori lucentissimi agli occhi di chi la vive come missionario, forse ancor più di chi viene incontrato per un momento di annuncio e di evangelizzazione.

Lo testimoniano le parole di Vanessa, missionaria a Riccione: “Oggi è il primo giorno a casa, manca tutto… non pensavo di sentire emozioni così forti anche al ritorno! Ho lasciato il cuore a questi ragazzi! Ho vissuto momenti meravigliosi, ho fatto esperienza di incontri stupendi con persone con le quali ho condiviso pensieri profondi davanti a Gesù Eucarestia.
In modo particolare mi ricorderò di Giuseppe, un bellissimo ragazzo che tutte le sere al tramonto correva in strada, davanti alla spiaggia. Giuseppe, ragazzo ambizioso, mi diceva di voler arrivare in alto nella sua vita, appassionato di scienza sognava di fare grandi cose, di lasciare un segno e di vivere bene diceva! Non prestava particolare attenzione al pensiero di Dio, mi rispettava però; parlando dei nostri sogni una domanda che non riuscii a trattenere fece cambiare lo sguardo di Giuseppe: «Giuseppe, ma tu che punti così in alto come puoi accontentarti di progetti finiti? Si, sarebbe bello lasciare un segno, raggiungere traguardi importanti ma tutto ciò che farai qui un giorno dovrai abbandonarlo; non vorresti scoprire l’infinito?» Giuseppe mi guardò impietrito e mi disse: «Mi hai fregato adesso!» Non dimenticherò mai quel sorriso, quello sguardo di chi sta cercando come me quel Progetto che non passa più, quell’Amore duraturo… quel Sogno di Eternità che Giuseppe non sa di cercare.”

O ancora le intense parole di Tiziana: “«Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5, 14)
La storia della candela che non voleva bruciare, è la storia di tanti che hanno anche paura di rischiare di essere felici. Paura di fallire. Paura di sporcarsi le mani. È finita da poche ore la missione di evangelizzazione di strada e spiaggia di Riccione “Chi ha sete venga a me” e custodisco dentro di me il colore verde di noi missionari, il colore viola dei sacerdoti e quello bianco dei meravigliosi ragazzi del servizio. Custodisco nel cuore, l’immensa grazia ricevuta, i tanti occhi incontrati, gli abbracci, i silenzi, le lacrime, i sorrisi ed una profonda unità. Sì, le parole servono, ma è l’esempio della nostra vita che testimonia come semplici missionari possano dimostrare come sia possibile vivere una vita degna di essere figli di Dio e allo stesso tempo anche fare comprendere tutto ciò che non è vita. Quello che non illumina noi o gli altri, non è vita. Ciò che ci intrappola in un mondo moderno troppo corrotto dal male, va allontanato, perché non ci permette di realizzare la nostra vera vocazione.”

00188scalataAnche Valerio ci regala un’intensa testimonianza: “Uno su tutti è il regalo che il Signore mi ha fatto: quel ragazzo, fermato in extremis sulla spiaggia, attirato dalla radio. Il suo sguardo parlava da solo, i suoi occhi spenti, disillusi. «Non credo nell’amore». La sua risposta. Lo abbiamo convinto a rimanere anche se voleva andarsene. Ha visto i balli, ha sentito la testimonianza di don Davide. Meraviglia, quando ritorna alla postazione radio, ho notato subito i suoi occhi. Erano diversi. Non c’era più disillusione, forse c’era qualcos’altro, speranza? Quando gli faccio notare questo, lui accenna un sorriso. Non ci ha più lasciato per i successivi giorni.”

C’è anche chi, molto giovane, ha voluto spendere i giorni di missione offrendosi come volontario per il servizio, dalle pulizie, alla cucina, al servizio ai tavoli per i pasti. Una di queste persone è stata Emily: “Ho vissuto un anno un po’ difficile, e alla vigilia della missione ero davvero intenzionata a non partecipare, perché mi sentivo ipocrita nel pregare Qualcuno che non sentivo dentro da un po’. Poi però, grazie ai miei genitori, ho detto sì, ok ributtiamoci. Ed è stato proprio così: un tuffo. Un tuffo che mi ha davvero cambiata, che sento di voler rifare, un tuffo che voglio nella mia vita, perché adesso sento che la paura di salire sul trampolino è diminuita, perché accanto a me sento che Qualcuno davvero c’è. Volevo veramente ringraziare ogni singolo missionario, perché in voi vedo davvero Gesù, e lo vedo in tutta la sua bellezza. Ho capito cosa significa essere felici, perché penso di non aver mai sorriso così tanto alle 7 della mattina nonostante la stanchezza, e di non aver mai pianto così forte per la partenza di qualcuno, ma ora davvero so che ciò che cerco sia qui, vicino a me, basta solo che io lo voglia. Vi ringrazio con tutta me stessa. Rimarrete indelebili nei miei ricordi, ma vivi e sempre presenti, perché ora il collante è più forte.”

Potremmo continuare all’infinito: vivere una missione di evangelizzazione è questo, cioè contemplare l’Opera di un Dio che si incarna nelle vite dei suoi figli. Ed è Opera stupenda!